
I CLASSICI CHE AIUTANO A VIVERE
RITRATTI D’AUTORE
letture e passioni da condividere
1 aprile /28 aprile
Sono bistrattati, esclusi, emarginati. Il mercato li disdegna, i lettori li dimenticano, i programmi scolastici tendono a frammentarli e polverizzarli. Eppure dimostrano una vitalità incredibile, dalla quale dovremmo prendere esempio per tutte le forme di resistenza, civile, culturale, umana, a cui ogni giorno siamo chiamati. Stiamo parlando dei classici. Proprio loro: quelle opere che, per riprendere la bella definizione di Italo Calvino, «non hanno mai finito di dire quello che hanno da dire». Anche se hanno secoli o persino millenni. Coi classici accade sempre quello straordinario fenomeno per cui avvicinandosi, toccandoli, facendoli parlare e “reagire” coi nostri sentimenti e col nostro tempo si scopre che – meraviglia! – funzionano. Sanno parlarci di noi. Sanno impostare le nostre domande fondamentali, tracciare le ipotesi di risposta, indirizzarci verso altri cammini, farci da stella polare. Ma bisogna avvicinarli, evocarli, leggerli. E’ quello che si propone Ritratti d’autore, la prestigiosa rassegna filosofico- letteraria curata da Gustavo Cecchini, giunta alla XV edizione. Cinque appuntamenti da non perdere.
Ad aprire la rassegna venerdì 1 Aprile sarà Piero Boitani con l’Amleto di Shakespeare. Amleto, il dramma paradigmatico dell’età moderna, è la tragedia della ragione, del sapere e della volontà. Forse il dramma più complesso che Shakespeare abbia scritto, Amleto è pieno di fili lasciati in sospeso, di enigmi e problemi, di interrogativi senza risposta o dalle infinite possibili risposte.
Il secondo appuntamento, venerdi 8 Aprile, è con con il filosofo-jazzista Massimo Donà e il ritratto di Andy Wahrol e la Factory. Con Warhol e la sua Factory l’arte occidentale cambia radicalmente direzione. Basta con la volontà di eccezionalità, basta con la pretesa di offrire alla normalità dell’esistere l’illusione di un’alterità costitutivamente impossibile. Ora sono l’artista e la sua naturale eccezionalità ad offrirsi, inerti, alla normalità della prassi, alle sue vuote teleologie, alle sue leggi perverse, e quindi a farsi esempio di una ritrovata e ormai denudata normalità. L’artista non guarda più oltre il velo del fenomenico, non taglia più lo spazio finito della temporalità cronologica, in cerca dell’eterno, quasi a voler svelare l’originaria in-finitudine da cui proviene il brusìo che si agita tra le pieghe del fenomenico (come sembrava convinto di dover fare Lucio Fontana).L’artista ormai guarda al proprio mondo; lo incornicia, ne mostra la naturale straordinarietà. Mostra la straordinarietà della norma; l’eccezionalità del più banale. Ne amplifica la potenza, e ne potenzia l’effetto; funge quasi da sua miracolosa cassa di risonanza. Questo avrebbe fatto in sostanza Andy Warhol.
La rassegna prosegue, venerdi 15 Aprile, il venerdì santo, con Vito Mancuso e il suo provocatorio di ritratto di Gesù. Già il titolo è significativo: Gesù, tutto diverso da Cristo. “Non possiamo non dirci cristiani”, dichiarava un secolo fa Benedetto Croce, il filosofo laico non credente, per sottolineare il fatto che il Cristianesimo, in quanto religione dell’Occidente, è alla base della nostra civiltà, a prescindere dall’adesione della fede personale di ognuno. Ma quanto ha a che fare il cristianesimo istituito con il reale Gesù della storia? La risposta di Vito Mancuso è : ben poco. Il gesuanesimo e ben altra cosa dal cristianesimo. Il primo è profezia, il secondo ritualità. Il primo è fuoco, il secondo acqua. Il primo è rivoluzione, il secondo conservazione.
Venerdi 22 Aprile sale sul palco dell’Astra Nuccio Ordine con una lectio dal titolo: Nessun uomo è un’ isola: la metafora di John Donne contro egoismo e indifferenza. Ciò che sta accadendo in Europa e nel mondo è sotto gli occhi di tutti: si costruiscono muri, si innalzano barriere, si intrecciano centinaia di chilometri di filo spinato con lo spietato obiettivo di sbarrare la strada a un’umanità povera e sofferente che, rischiando la vita, cerca di sfuggire alle guerre, alla fame, ai tormenti delle dittature e del fanatismo religioso. In questo brutale contesto, la bellissima riflessione di John Donne – raccolta in Devozioni per occasioni di emergenza (1624) – ci ricorda valori che sembrano ormai dimenticati: “Nessun uomo è un’isola, intero in se stesso; ciascuno è un pezzo del continente, una parte dell’oceano. Se una zolla di terra viene portata via dal mare, l’Europa ne è diminuita, così come lo sarebbe un promontorio, così come lo sarebbe il castello di un tuo amico […]; la morte di qualsiasi uomo mi diminuisce, perché sono preso nell’umanità, e perciò non mandar mai a chiedere per chi suona la campana; essa suona per te”. Il poeta inglese considera la sua lunga malattia e la sua esperienza del dolore come una straordinaria occasione per interrogarsi sul mistero della morte e sul posto dei singoli individui nell’umanità. Nuccio Ordine analizzerà la meditazione di Donne e ripercorrerà la fortuna della sua metafora insulare.
La rassegna si chiude, giovedì 28 Aprile con Massimo Cacciari e la sua lectio sul tramonto dell’Occidente. Cento anni fa, nel 1918, in un contesto storico devastato da quell’evento epocale che fu la Prima Guerra Mondiale, uscì in Germania il primo volume di un’opera di dimensioni enormi (il secondo volume uscìrà nel 1922), Il tramonto dell’Occidente, redatto da uno studioso, Oswald Spengler. Per lungo tempo l’Occidente ha rappresentato l’idea politica di maggior successo, grazie alla quale è stato possibile conseguire livelli di stabilità, pace e progresso impensabili in epoche precedenti. Oggi quest’idea è oggetto di pesanti minacce, non dall’esterno ma dall’interno. L’Occidente paga infatti lo scotto di una grave mancanza: aver smesso di garantire ai suoi cittadini quello che si aspettano dai propri governi – equità, prosperità e sicurezza. Si spiega così l’emergere di personalità e forze politiche che incarnano valori assolutamente antioccidentali. Valori che rischiano di distruggere le conquiste faticosamente raggiunte finora. Di fronte all’instabilità globale e alle tensioni economiche sembra che la reazione immediata sia chiudere i confini e far ricorso al nazionalismo xenofobo. Ma non è ancora troppo tardi per invertire questa tendenza. Massimo Cacciari ci esorta a resistere lasciando aperte la mente e le frontiere. Per più di cento anni filosofi e statisti hanno predetto la fine dell’Occidente che ha invece dimostrato flessibilità, capacità di adeguarsi ai cambiamenti e di evolversi. Se l’idea di Occidente prevarrà, dovremo perseguire con maggiore convinzione i suoi valori fondanti e tenere a mente un punto essenziale: senza apertura, l’Occidente non può prosperare; senza uguaglianza, non può durare.
Gli incontri si terranno presso il Cinema Teatro Astra di Misano Adriatico, via D’Annunzio 20, con inizio alle ore 21.00
Ingresso gratuito sino ad esaurimento posti secondo le norme vigenti.
Info:
Biblioteca Comunale 0541618484
IAT Misano 0541615520
Tutti i dettagli sul sito www.misano.org